Ieri è partito l’aumento di capitale della Frendy Energy SPA. L’azienda fiorentina progetta, sviluppa, realizza e gestisce centrali idroelettriche di piccole dimensioni. La catena del valore vede coinvolti in qualità di fornitori/azionisti/clienti alcune tra le maggiori aziende Italiane del settore, secondo un approccio industriale/finanziario fortemente innovativo.
Frendy Energy è stato uno dei primi operatori del mercato italiano ad adottare soluzioni tecniche all’avanguardia e l’unico ad aver implementato una strategia innovativa nell’approccio al settore. Fin dalla nascita, nel 2006, hanno voluto investire nel settore idroelettrico con uno studio volto a realizzare piccoli impianti in situazioni estreme, ovvero in quelle situazioni che i grandi del settore non avrebbero mai affrontato, poiché troppo impegnative rispetto ai vantaggi economici che ne derivavano.
Nell’autunno 2013 ha emesso un’obbligazione convertibile, vale a dire un’obbligazione che dà la possibilità a date prestabilite di sottoscrivere azioni della società a prezzi competitivi rispetto al prezzo di borsa corrente (oggi 1,5 € circa).
Ipotizzando di possedere 5.000 € di tale obbligazione, oggi ci si troverebbe in portafoglio 5.000 € dell’obbligazione scadenza 31.12.18 e in più anche 3.576 diritti che valgono circa 145 €.
Esercitando il diritto all’aumento di capitale, si potrebbero sottoscrivere (3.576 / 10) 357 azioni al prezzo di 1 €, con un esborso quindi di 357 €.
Supponendo che il prezzo post aumento di capitale non vari (cosa assolutamente non scontata), si potrebbero rivendere le 357 azioni a 1,5 €, con un incasso di 535 € ed un guadagno quindi di circa (535 – 357) 170 € al netto delle spese.
In alternativa si potrebbero vendere entro il 16 luglio i 3.576 diritti, incassando subito il relativo controvalore (ad oggi 145 €).
Il titolo azionario è passato dai 70 centesimi della quotazione iniziale, al 1,8/1,9 € dalla primavera 2013, per tornare al prezzo odierno di 1,5 €. Pertanto l’adesione all’aumento non comporta un guadagno certo superiore alla vendita immediata dei diritti (anche in considerazione della diluizione inevitabile del patrimonio a seguito delle adesioni che vi saranno, poche o tante che esse siano).
Detto ciò, per chi non vuole rischiare il consiglio è senz’altro quello di vendere i diritti e non aderire all’aumento di capitale, mentre per chi vuole rischiare qualche centinaio di €, ed in presenza di un bassa esposizione al mercato azionario, si può provare ad aderire, sperando in una ripresa, o quanto meno in una tenuta, del prezzo dell’azione.